lunedì 13 dicembre 2010

Clusters d'acqua

L'omeopatia "funziona"?

In realtà il vero problema che sta dietro l'omeopatia (e a molte altre medicine non convenzionali, come l'omotossicologia, che è una particolare branca dell'omeopatia), non è se "funzioni" o meno, ma semmai come funzioni, ossia non se ne conosce un meccanismo d'azione.

Se una terapia sia efficace o meno, è cosa assolutamente indipendente dal fatto che se ne conosca la modalità di azione. Infatti la valutazione di efficacia terapeutica si basa su trials clinici randomizzati che non implicano la conoscenza del meccanismo farmacologico. E tali studi esistono, e hanno dimostrato l'efficacia dell'omeopatia.

Quello che invece ancora non si conosce con certezza, è appunto come possa l'omeopatia funzionare.
In proposito per ora vi sono solo ipotesi, basate sullo studio delle proprietà fisiche dell'acqua.

In omeopatia si usa scegliere un principio attivo con determinati criteri ("Similia Similibus curantur"), che viene disciolto in acqua e poi diluito in passaggi successivi, inframmezzati da succussioni (scuotimenti), fino a scendere talvolta fin sotto al numero di Avogadro. In tal modo il soluto non è più chimicamente presente nel solvente (acqua).
Da qui le critiche dei detrattori alla terapia a base di "acqua fresca". Sì, in effetti si tratta di acqua fresca!

Eppure esistono alcuni studi davvero affascinanti che potrebbero spiegare come questa acqua sarà anche fresca, non ne dubito, ma molto ben informata! E uno dei più interessanti è il lavoro svolto sui clusters d'acqua.

Il termine, di derivazione latina (clathrus, inferriata) indica dei veri e propri reticoli di molecole d'acqua , che delimitano cavità di forma, dimensioni e carica elettrica ben definite, e dipendenti dal soluto anche quando questo non sia più presente. Per dare un'idea semplice, è un po' come il negativo tridimensionale del soluto nell'acqua. Una volta che il soluto (molecola-farmaco) è entrato nell'acqua, viene circondato da nicchie di molecole d'acqua, e tali nicchie di acqua sembrano avere stabilità grazie a legami idrogeno (deboli ma numerosi), al punto da mantenersi anche una volta che il soluto è stato espulso dal solvente, permettendo la formazione di clatrati vuoti ma stabili.



Tali clusters paiono in grado di vibrare coerentemente, in risonanza con un campo magnetico, e la frequenza di vibrazione è in funzione di forma e dimensioni di queste "nicchie", a loro volta dipendenti dalle caratteristiche chimico-fisiche del soluto originale non più presente in soluzione.

Sembra altresì che molecole d'acqua in prossimità degli acidi nucleici (DNA, RNA) abbiano una spiccata tendenza a formare clusters.

Fonti: "Biodinamica", Paolo Bellavite ed. Tecniche Nuove, 1998

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